Recensione di Forge of Empires – Dalle capanne dell’Età della Pietra ai grattacieli spaziali: quanto sei disposto a grindare?
Immagina che SimCity e Civilization abbiano fatto un figlio, e che questo qui sia cresciuto a pane, microtransazioni e battaglie su esagoni. Ecco a voi Forge of Empires. Parti con quattro tende sgangherate, raccatti monete e provviste ogni cinque minuti, e pian piano sblocchi nuove tecnologie che ti traghettano verso età sempre più moderne: Bronzo, Ferro, Coloniale, ecc. Ad ogni epoca cambia tutto: albero tecnologico, esercito e soprattutto il modo in cui impazzisci per gestire lo spazio nella tua città.
Benvenuto nell’Età della Pietra: I tuoi primi click da cavernicolo
Primo giorno. Ho davanti solo un prato spelacchiato, due tende da campeggio e un falò disegnato da uno stagista distratto. Età della Pietra pura. Il mio scopo? Trasformare questo campeggio paleolitico nel nuovo impero del quartiere. Ottimo, che ci vuole?
Il tutorial mi rifila un menu costruzioni e un suggerimento tipo “Costruisci una capanna”. La piazzo, si costruisce in un lampo. Facile. Peccato che mi mangia tutti gli abitanti liberi: niente lavoratori, niente edifici, niente di niente. Solo una capanna e un leggero senso di imbarazzo.
Questo è l’andazzo. Ogni tanto senti di aver fatto un passo avanti e subito sbatti contro qualche limite. Se costruisci troppo in fretta l’economia ti muore tra le mani, se vai piano gli altri brindano nell’Età del Ferro mentre tu sei qui a lucidare il selce. Ogni mossa costa: monete, provviste, spazio, e a volte, un po’ della tua dignità.
Punti Forge, Diamanti e l’arte zen dell’attesa
Il cuore di Forge sono i punti forge. Uno all’ora, centellinato come l’olio buono. Li bruci per ricerca, potenziamenti, scambi. Sono il carburante di tutto, ma il gioco te li concede col contagocce.
All’inizio va giù liscio: entri, spendi due punti, costruisci un edificio, magari vinci una scaramuccia, poi te ne vai. Ma le attese si allungano subito. Vuoi sbloccare la Lavorazione del Bronzo? Sedici punti. Zero scorte? Torna dopo. Molto dopo.
E ovvio, ci sono i diamanti. Ne becchi un po’ all’inizio – ricompensa per qualche missione: 50 diamanti. Top. Ma la costruzione che vuoi? 250 diamanti. Vuoi accelerare la ricerca? 1.000 diamanti. Quell’aperitivo iniziale? Solo un assaggio di dipendenza. Tipico.
Io ho resistito. Davvero. Ma quando l’Età del Ferro mi ha fatto l’occhiolino come un all you can eat notturno, ho ceduto. Cinque euro. Studio sociologico, diciamo. Non ne vado fiero.
O la va o la spacca: Combattimenti a esagoni, lance e schiaffi morali
Parliamo di combattimenti. In altri giochi del genere? Attacco automatico e vai di pennichella. Qui no, Forge vuole che ci metti la manina. Esagoni veri, turni, e un sacco di piccoli errori da rimpiangere.
Io sono partito con due lancieri e la speranza contro dei selvaggi incavolati. Mi sono mosso, ho mancato, ho colpito a caso. Semplice ma stranamente soddisfacente. Poi il gioco ingrana: arcieri che tirano da lontano, cavalleria che aggira, catapulte che esplodono se le guardi storto.
C’è profondità, se hai pazienza. L’autobattaglia evita la noia, ma usare la manuale è più rischioso e a volte paga. Occhio però: i soldati non spuntano come funghi. Per ricostruirli devi aspettare, spendere risorse, sudare freddo. Io combatto solo quando so che vinco. O almeno, quando me la racconto così.
Il gioco premia chi ci ragiona. Ma appena sbagli, ti fa pagare: una mossa sbagliata e ti ritrovi a ricostruire strade spaesato come un piccione in tangenziale.
La Gilda: Confraternita dei ragionieri
Dopo sei ore sblocco le gilde. Mi illudo sia co-op rilassato. Invece, entro in una setta di ex studenti di matematica. Tabelle, timer, gente che tira fuori guide scritte nel ‘99 che girano ancora per qualche motivo. E la metà dei consigli su edifici che non sapevo nemmeno esistessero.
Però, alla fine… utilissimi.
Le gilde cambiano tutto: non stai più solo costruendo, stai investendo. Metti punti forge negli edifici speciali degli altri, e se ti giochi bene le mosse, esci con il portafoglio gonfio. L’edificio feticcio? L’Arca. Trasforma l’altruità in una macchina punti. Più o meno.
C’è una fregatura però: servono risorse dell’Era Futura per costruirla. E io ancora stavo bollendo l’acqua in un pentolone di fango. Mi sono messo a scambiare tutto quello che avevo, ho importunato sconosciuti come un ambulante in stazione, ho accettato accordi di cui non capivo una mazza. Alla fine, ci sono arrivato.
E sì, appena ho piazzato l’Arca, è cambiato tutto. Punti forge a cascata, la logica finalmente chiara, la gilda che da setta Excel è diventata quasi famiglia. Sotto c’è un’intera simulazione economica che gira. Non so ancora come faccia a funzionare, ma funziona.
Missioni ovunque, tempo mai abbastanza
Per tenerti incollato, Forge ti bombarda di eventi come se l’algoritmo avesse paura della noia. Festival estivi, gare di dolci autunnali, tornei di calcio, tutto condito da edifici utili e gadget improbabili.
Sembra uno spasso. E lo è. Ma pure un delirio.
Ti ritrovi a loggare sempre. Fai una missione, clicchi due cose, potenzi qualcosa, torni dopo un’ora e si ricomincia. Alcuni incarichi sono megabanali: raccatta monete, batti qualcuno, clicca una gallina. Altri sono tipo “spendi esattamente 47 punti forge, costruisci tre fabbri, accarezza il cane del vicino”. Quasi.
Ho iniziato a fare il furtivo tra una call e l’altra solo per non rompere la serie giornaliera. Ormai Forge non è solo gestione di un impero. È gestione della routine: tipo una app-agenda fantasy, solo che ogni tanto ti tira una spadata.
Da baracche fangose a santuari spaziali (e attacchi di panico annessi)
Dopo qualche giorno, la mia città era un tetris impazzito. Tetti di paglia accanto a strade lastricate, templi con tecnologie al neon, statue di capra buttate in mezzo al nulla. Però, in qualche modo tutto reggeva. Più o meno.
Avevo trovato il ritmo. Loop perfetti per i punti, una strategia dieci upgrade avanti. Mi sentivo un genio.
Poi ho visto la classifica.
Gli altri avevano città grosse quanto Milano, tutto maxato, tecnologia spaziale, livelli dell’Arca che facevano sembrare la mia un disegno dell’asilo. Autostima azzerata.
“Sto sbagliando tutto? Dovevo rushare edifici? Farmare punti? Mettere altri cinque euro?”
No. Andavo benone. Ma Forge non vuole che tu sia sereno. Vuole che insegui sempre qualcuno. Ti tiene sempre mezzo passo indietro: è subdolo e ci sa fare. E sì, è un po’ tossico… ma riesce sempre a farsi riprendere.